La videosorveglianza consiste nell’utilizzo di videocamere che riprendono specifiche aree per ragioni di sicurezza, intesa come tutela dei beni o come salvaguardia dell’incolumità delle persone. Le videocamere generano immagini (che possono includere opzionalmente anche l’audio), che costituiscono dati personali nel momento in cui vengono riprese persone; pertanto, i sistemi di videosorveglianza generano trattamenti che devono essere gestiti ai sensi della normativa sulla protezione dei dati personali.

Adempimenti base per i titolari

Come tutti i trattamenti, anche per la videosorveglianza ci sono i trattamenti basilari: registro dei trattamenti, nomine e informativa. Ma ci sono anche due adempimenti specifici, sempre applicabili: il cartello, che costituisce informativa di primo livello, e (per le aziende con lavoratori nelle aree riprese) l’accordo sindacale / autorizzazione amministrativa.

Il cartello è quello secondo il formato suggerito nelle linee guida pubblicate dall’EDPB (il comitato delle autorità di controllo europee), che deve include alcune informazioni fondamentali come i contatti, il tempo di conservazione delle immagini e i riferimenti per l’informativa completa.

L’accordo sindacale / autorizzazione amministrativa sono quelli previsti dall’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori in materia di controllo a distanza, ed è obbligatorio ogni qual volta le immagini possono, anche solo potenzialmente, costituire un controllo dell’attività lavorativa (includendo però anche le pause).

Le indicazioni della giurisprudenza

La videosorveglianza è uno dei trattamenti che ricevono più attenzione dagli organi di controllo (attraverso i provvedimenti) e giudiziari (sentenze), per cui non è difficile ricavarne indicazioni precise. Ricordiamo qui le principali:

“l’installazione di una telecamera diretta verso il luogo di lavoro dei propri dipendenti o su spazi dove essi hanno accesso, anche sporadicamente, deve essere previamente autorizzata dall’Ispettorato dal Lavoro o deve essere autorizzata da un particolare accordo con i sindacati. La mancanza di questi permessi, comporta la responsabilità penale del datore di lavoro.” (Corte di Cassazione)

Quando si installano sistemi di videosorveglianza in ambito personale o domestico è necessario prestare la massima attenzione a non riprendere aree pubbliche. (Garante privacy)

Sanzionato un ristorante per aver installato un impianto di videosorveglianza che oltre a riprendere la strada pubblica era sprovvisto di informativa e autorizzazione dell’ispettorato del lavoro. (Garante privacy)

I centri residenziali, i condomini e in generale tutti i soggetti privati che vogliono installare telecamere di videosorveglianza rivolte verso le strade devono prima accordarsi con il proprio comune. Che diversamente può ordinare la rimozione immediata dell’impianto segnalando l’abuso direttamente all’Autorità garante. (TAR del Lazio)

Il diritto alla sicurezza e incolumità è prevalente nella sua tutela rispetto al diritto alla riservatezza. Perciò una telecamera non viola la riservatezza nel caso in cui venga installata sul pianerottolo di un condominio osservando le precauzioni (comunicazione all’amministratore e affissione di cartello segnalatore). (Tribunale di Prato)

Non c’è silenzio assenso per la videosorveglianza in azienda. Non è configurabile l’assenso implicito nel procedimento di autorizzazione amministrativa all’installazione e utilizzo di impianti audiovisivi dai quali possa derivare la possibilità di controllo a distanza dei lavoratori. (Garante privacy)

In assenza di delibera assembleare per l’installazione della videosorveglianza in un condomininio, il trattamento risulta illecito. (Garante privacy)

L’attivazione di un sistema di videosorveglianza è giustificabile in relazione a una situazione di pericolo reale, comprovata da furti o atti vandalici verificatisi in passato: questi precedenti costituiscono un solido elemento a supporto della sussistenza del legittimo interesse ed è pertanto opportuno che vengano documentati. (Garante privacy)

Se il sistema riprende soggetti ciechi o ipovedenti, non basta informare quest’ultimi sulla presenza delle telecamere attraverso mezzi tradizionali, come i cartelli, ma devono essere utilizzati strumenti adatti, come i messaggi audio. (Garante privacy)

La normativa sulla protezione dei dati “non si applica, nel caso di fotocamere false o spente perché non c’è nessun trattamento di dati personali (fermi restando tutti gli obblighi comunque imposti dall’articolo 4 Statuto dei lavoratori).” (Garante privacy)

Non essendo emersi dall’istruttoria significativi elementi – quali la particolare situazione di disagio e degrado del contesto sociale in cui opera l’istituto o la sussistenza di precedenti episodi di particolare gravità – tali da giustificare la sottoposizione di minorenni a siffatte forme invasive di controllo (videosorveglianza), il Garante ha ritenuto che il trattamento sia illegittimo. (Garante privacy)

Altre informazioni sono disponibili nelle FAQ del Garante privacy.

La progettazione del sistema e la privacy

Sulla base di quanto appena riportato, l’attività di progettazione del sistema è fondamentale in ottica di rispetto della normativa; pertanto, in moltissimi casi (si possono considerare esclusi solo quelli molto semplici e senza aspetti di criticità), è necessario documentare le valutazioni e le decisioni in una valutazione di impatto.

Primo aspetto: definire in modo preciso le esigenze, cioè le finalità. Eventi precedenti, quali furti o altri fatti illegali avvenuti al titolare o nelle vicinanze, e la loro ripetizione, sono aspetti che possono giustificare scelte più invasive e complesse. In particolare, la funzionalità di cattura dell’audio non è in generale ammessa, a meno che non si possa dimostrarne l’indispensabilità.

Secondo aspetto: minimizzare il numero di videocamere e le aree riprese, rispetto alle finalità individuate ed al contesto (riprese di soggetti fragili o minorenni necessitano di particolari cautele); nonché minimizzare il numero di persone che potranno avere accesso alle immagini (eventualmente differenziando tra immagini in diretta e registrazioni, per queste ultime si deve essere il più restrittivi possibile).

Terzo aspetto: limitare il tempo di funzionamento e la conservazione delle registrazioni. Per il primo caso, bisogna considerare se ci sono possibilità che le videocamere siano spente in certe circostanze (ad esempio: quando sono presenti i lavoratori; oppure mentre è attivo un sistema di allarme; o ancora meglio, che le videocamere si attivino al verificarsi di particolari eventi). Per il secondo caso, si deve partire da un limite di 24, 48 o 72 ore a seconda della necessità di coprire i periodi in cui non è possibile monitorare il sistema (le chiusure, in pratica); per periodi più lunghi, è necessario dimostrarne la necessità.

Quarto aspetto: modalità di accesso alle immagini. La modalità base è quella che le immagini siano visibili da una particolare postazione protetta da sguardi indiscreti; l’accesso via rete deve essere protetto con la crittografia e firewall, e comunque la necessità di accesso remoto deve essere dimostrabile; infine va considerato se far ricorso ad agenzie di sorveglianza/guardiania o a servizi di monitoraggio a tempo continuo del fornitore.

Ultimo aspetto: scelta del sistema e del fornitore. In generale, videocamere acquistabili e installabili autonomamente (e dai costi contenuti) non posseggono tutte le funzionalità di cui stiamo trattando, e quindi sono sconsigliate; mentre sistemi più complessi e installati da professionisti sono certamente più costosi, ma sarà possibile configurare il tutto come desiderato. In particolare, si ricorda che è obbligatorio il registro (log) degli accessi al sistema, e della definizione di account personalizzati per tutti gli operatori autorizzati.

Non è un caso che la scelta dei prodotti/servizi è l’ultima in ordine temporale, non la prima come troppo spesso accade.

In realtà rimane ancora da considerare l’installazione fisica delle camere e dell’eventuale apparato di concentramento e/o registrazione: essi devono essere collocati in modo da essere inaccessibili, o se ciò non è possibile, bisogna proteggerli tramite box o gabbie di sicurezza, in modo da evitare manomissioni o furti.

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