La normativa europea sui dati personali esclude esplicitamente dall’ambito di applicazione il caso che i dati in questione si riferiscano a persone non più in vita; tuttavia la stessa normativa lascia agli Stati Membri la possibilità di normare differentemente questa questione. Infatti, con la riforma del Codice Privacy effettuato dal D.Lgs 101/18, che lo ha trasformato da legge attuativa (di una Direttiva) a legge di coordinamento (con un Regolamento), lo Stato Italiano ha scelto di mantenere una forma di tutela anche relativamente ai dati personali dei defunti: lo ha fatto introducendo l’art. 2-terdecies, rubricato “Diritti riguardanti le persone decedute”. Questo articolo attribuisce l’esercizio dei diritti riconosciuti dal Regolamento europeo (artt. 15-22) “a chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell’interessato, in qualita’ di suo mandatario, o per ragioni familiari meritevoli di protezione”.

A ciò si deve aggiungere che il Garante per la protezione dei dati personali ha in passato evidenziato attraverso i suoi provvedimenti (per esempio, nel parere reso ad una Azienda sanitaria) che la tutela che si deve alle persone, con riguardo ai loro dati personali, non viene automaticamente meno a causa della loro morte. Risulta quindi evidente che, in forza di questo principio, il trattamento di dati personali dei defunti è comunque soggetto al requisito di liceità, e di conseguenza, necessita di basi giuridiche adeguate. Ciò che cambia è la necessità di individuare chi (al posto del defunto), ed in quali casi, può esercitare i diritti riconosciuti agli interessati.

I trattamenti sui dati personali dei defunti sono tutti quelli volti a rispettare le normative applicabili all’evento morte, cioè il Regolamento di polizia mortuaria (DPR 10-9-1990 n. 285) e tutte le disposizioni in ambito tributario (quindi relative all’eredità). A questi, però, si aggiungono i trattamenti effettuati nell’ambito delle esequie, commemorazioni, etc.

In particolare, facciamo riferimento ai manifesti funebri, che costituiscono un trattamento di tipo “diffusione” (cioè portare a conoscenza di un numero indefinito di soggetti). In questo caso, non esiste una normativa nazionale: esistono i regolamenti comunali, volti comunque più a regolamentare dove possono essere affissi, con quali costi, e in certi casi per quanto tempo. Dal punto di vista della gestione corretta dei dati personali, si deve tenere conto della finalità del manifesto funebre: dare la notizia del decesso a quanti possano conoscere il defunto o i suoi familiari, avvisare delle modalità e tempi delle esequie, etc. Ai fini di questo trattamento, bisogna applicare i principi di minimizzazione, pertinenza e necessità, ed è per questo motivo che il manifesto normalmente contiene nome e cognome (eventualmente anche quello acquisito) del defunto, l’età, la data del decesso, ma spesso includono anche un riferimento religioso (che è un dato “sensibile”); sicuramente da evitare sono i dati eccedenti, come la data di nascita completa, indirizzo di domicilio, causa della morte, ed anche destino della salma (cremazione o tumulazione, luogo di sepoltura). Il motivo è presto detto: ogni informazione, lecita o meno, può essere utilizzata da malintenzionati a loro vantaggio ed a svantaggio dei familiari (i cui nomi e stato in vita si possono desumere dal manifesto stesso), in particolare per veri e propri tentativi di truffa che possono avvenire in un momento di particolare fragilità dovuta all decesso ed anche eventualmente aggravata dalle sue circostanze. Il manifesto funebre, per sua natura, ha durata limitata, o dal regolamento comunale o dal naturale avvicendarsi delle affissioni; il che corrisponde anche al principio della limitazione della conservazione, in virtù del fatto che la finalità del manifesto si conclude insieme alle esequie.

Anche in questo campo è entrata la tecnologia: esistono infatti servizi internet che permettono di pubblicare le notizie sui decessi e sulle esequie (spesso aggiungendo la possibilità di lasciare i messaggi di cordoglio o anche di effettuare offerte economiche in memoria). Apparentemente, questa è una semplice trasposizione da modalità cartacea a digitale; in realtà non è così, poiché la rete nasconde insidie ulteriori. In particolare, bisogna tenere presente che ogni dato presente su internet può essere visualizzato e/o riutilizzato in modo incontrollato da chiunque. Nel caso dei manifesti funebri digitali, in generale si perde sia la limitazione geografica della diffusione, che quella temporale: la notizia del decesso rischia di essere mantenuta indefinitamente accessibile a chiunque. Risulta quindi necessario che i servizi sopra menzionati adottino opportune contromisure, quali per esempio la più stretta minimizzazione dei dati pubblicati (per esempio, evitare di indicare il luogo di sepoltura), l’evitare l’indicizzazione da parte dei motori di ricerca e gli URL contenenti il nome del defunto, la pubblicazione solo temporanea (lasciando successivamente l’accesso ai dati di coloro che partecipano al lutto nella disponibilità solo dei familiari), l’inibizione per quanto possibile della copia dei dati (in particolare, l’eventuale foto ricordo del defunto). Lo scopo è quello di riportare il trattamento digitale all’essere il più simile possibile a quello “analogico”, in particolare rispetto ai rischi relativi all’utilizzo improprio dei dati.

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